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Amburgo promette battaglia. Da mesi si ripetono manifestazioni di protesta contro il G20, in calendario il 7 e l’8 luglio.
Nella seconda città più popolosa della Germania stanno per arrivare i
capi di Stato e di governo dei Paesi più industrializzati per
confrontarsi sul tema “Dare forma a un mondo interconnesso”.
E già le misure di sicurezza sono al massimo livello. Non solo per
l’allarme terrorismo: nel Dna di questa metropoli, dove persino una
famosa via si chiama “Grosse Freiheit” (Grossa Libertà), c’è un gene irriducibile di antagonismo sociale, erede della cultura punk che qui aveva messo radici negli anni Ottanta. Il quartiere St. Pauli,
covo dei “pirati di Amburgo” (l’amatissima squadra di calcio St. Pauli
Football Club), è un concentrato di anarchia, divertimento sfrenato,
locali a luci rosse, insieme a progetti sociali per l’infanzia, gli
immigrati e le fasce disagiate della popolazione.
Ma l’anima “contro” di St. Pauli è solo uno dei volti della Città Stato anseatica
che deve la sua ricchezza ai commerci navali sviluppati nei secoli
scorsi con l’America, tra spezie e caffè. Ne rimane il profumo della
memoria tra le viette, i ponti e i canali dello “Speicherstadt”,
la storica “città dei magazzini”, riconosciuta Patrimonio Unesco. Oggi
quella ricchezza si è tradotta in investimenti finanziari, musei e
gallerie d’arte di primaria importanza, avveniristici progetti di
riqualificazione urbana. Una trasformazione che si coglie in un solo
colpo d’occhio, salendo a 37 metri d’altezza per affacciarsi dalla Plaza, la terrazza panoramica dell’Elbphilharmonie,
l’imponente auditorium progettato dallo studio di architettura Herzog
& de Meuron: tra guglie gotiche e grattacieli, si osserva il nuovo
quartiere di Hafen City e si capisce dove sta andando Amburgo. Una nuova
nave di cristallo, con la prua protesa sull’Elba, sta salpando verso il
largo.