I luoghi da visitare sono:
mercoledì 29 novembre 2017
PARTIRIPARTI - GANSU
Il Gansu (甘肃) è una provincia del nord-ovest cinese con la maggioranza
del suo territorio che si trova a oltre 1.800 metri sul livello del
mare. Si estende fra l’altopiano tibetano, la Mongolia Interna e
l’altopiano desertico del Loess. Inoltre confina a nord-est con la
Mongolia vera e propria, da cui penetra nel suo territorio una parte del
Deserto del Gobi. È attraversata dal Fiume Giallo (Huang He), che
proprio dal Gansu trae la maggior parte delle proprie acque,
attraversando anche la capitale Lanzhou. Le vette più elevate sono sulla
catena del Qilian Shan (5.547 metri).
I luoghi da visitare sono:
I luoghi da visitare sono:
martedì 28 novembre 2017
PARTIRIPARTI - VACANZA LOW COST PONTE IMMACOLATA
Vieni in agenzia viaggi PartiRiparti di Cadoneghe (PADOVA) e prenota le nostre migliori offerte vacanza per il Ponte dell'Immacolata !!!!
Rovaniemi? No Melegnano? È nella cittadina alle porte di Milano che sta per aprire, anche quest’anno puntuale, la Casa di Babbo Natale, una grandiosa installazione luminosa fatta da migliaia di luci coloratissime e scintillanti. Una iniziativa curiosa e creativa tutta ideata da un privato. E la visita è gratuita.
La Casa di Babbo Natale a Melegnano
Non c’è bisogno di arrivare fino in Lapponia, al Circolo Polare Artico per visitare la Casa di Babbo Natale, una versione tutta italiana e tutto rispetto la trovate anche in Italia, a Melegnano, appena fuori Milano. Si tratta di una villetta privata che ogni anno viene completamente ricoperta di lucine natalizie tutte colorate, creando uno spettacolo davvero sorprendente. Sembra una di quelle case piene di luci che vediamo solitamente nei film americani. Invece siamo in Italia e i giochi di luce accompagnati dalla musica sono strabilianti, uno spettacolo che piacerà tantissimo ai bambini e che farà tornare ai tempi dell’infanzia i più grandi.
La villetta è letteralmente ricoperta di fili di luminarie di tutti i colori che si accendono e si spengono in una coreografia da lasciare senza fiato. Luci sul tetto della casa, intorno agli archi e alle finestre, sugli alberi del giardino, completamente avvolti nel tronco e nei rami, sugli abeti di Natale, sul prato, ovunque! Non manca Babbo Natale a bordo della slitta con le renne, anche queste interamente di luci.
CHIAMA PARTIRIPARTI
(PADOVA)
lunedì 27 novembre 2017
PARTIRIPARTI - WEEKEND IN ALSAZIA
Weekend in Alsazia
L’ultima Francia orientale è terra di confine per definizione. Tradizione e modernità s’incontrano nel crocevia dell’Europa. A Strasburgo, città giovane, multiculturale e dinamica, hanno sede le maggiori istituzioni europee. Ma se inizierete a esplorare il suo centro storico attraversato dal fiume Ill, affluente del Reno, vi accorgerete che la Storia qui ha lasciato segni profondi.
Il modo migliore per visitare Strasburgo? A piedi o, nella bella stagione, in bicicletta sulla Grande Île, la grande isola, il cuore della città. La cattedrale di Notre-Dame è uno fra i più grandi monumenti storici di Francia. Al suo interno troverete un organo monumentale e un orologio astronomico: l’orologio venne realizzato nel Cinquecento e per molti anni fu considerato una delle sette meraviglie della Germania.
Avete solo un weekend per visitare Strasburgo? Niente paura, in meno di 48 ore potete scoprire tutti i luoghi più suggestivi della città. Il quartiere più caratteristico è la Petite France, costruito tutto sull’acqua. Le case in legno a vista, i Ponts Couverts sui canali, i tetti spioventi: impossibile evitare di innamorarsi di questa parte di Strasburgo. Fra le vie più suggestive, rue du Bain-aux-Plantes e rue des Dentelles, ma ricordatevi di salire in cima alla Diga Vauban, altrimenti nota come Grande Ecluse: dal suo belvedere la vista sulla città è magnifica.
Altra tappa obbligata è il quartiere tedesco. Fra i grandi edifici neoclassici di questa parte di Strasburgo c’è un angolo di verde assolutamente da visitare. Si tratta del Giardino Botanico, una collezione di oltre seimila specie vegetali e di angoli romantici. A proposito di gusti romantici, cosa ne dite di una serata all’Opera? Quella di Strasburgo, l’Opera nazionale del Reno, in Place Broglie, offre grandi serate e spettacoli fra i più applauditi di tutta la Francia.
Alle porte di Strasburgo, all’inizio della Strada dei Vini d’Alsazia, sorge Obernai. È il secondo centro turistico del Basso Reno dopo Strasburgo, ha un delizioso centro storico dentro cui s’intrecciano le tipiche case a graticcio, la Torre campanaria e i bastioni della città antica.
Poco più a sud, alle porte del villaggio di Saint Hippolyte, inizia l’Alsazia dei castelli. Il più incantevole? Il Castello dell’Haut-Koenigsbourg, al confine fra Alto e Basso Reno. Si dice che abbia ispirato Walt Disney per il castello della Bella Addormentata nel Bosco. Di certo il Castello dell’Haut-Koenigsbourg è uno dei monumenti francesi più visitati. A pochi minuti dal castello incontrerete il piccolo borgo di Saint Hippolyte e qui, lungo la Route du Vin colorata di splendidi vigneti, spicca una tipica casa à colombages: è l’Hotellerie Munsch aux Ducs de Lorraine, elegante dimora con vista sul Castello dell’Haut-Koenigsbourg.
Syler, Gewurztraminer, Riesling. Il nostro viaggio nella Francia del Reno può evitare una tappa enogastronomica per assaggiare i bianchi dell’Alsazia? Certo che no. Da Saint Hippolyte bastano pochi minuti per raggiungere Colmar, la capitale dei vini dell’Alsazia – è la città meno piovosa di tutta la Francia. Arte e buona cucina vanno a braccetto.
Ma Colmar è una meta anche per una breve fuga di coppia. Non per nulla a Colmar esiste un quartiere conosciuto come la Piccola Venezia: le case a graticcio dai tetti spioventi si specchiano sui canali attraversati da tanti ponticelli in legno. Se amate le atmosfere pittoresche, esplorate la Petite Venise sulle barche a fondo piatto o a piedi, lungo le stradine lastricate, i vicoli più suggestivi del centro storico e le case à colombages di Quai de la Poissonnerie. Per un weekend enologico, segnatevi sul calendario l’appuntamento con la Foire aux vins, la fiera dei vini di Colmar in programma nelle prime due settimane di agosto.
giovedì 23 novembre 2017
PARTIRIPARTI - AMSTERDAM LIGHT FESTIVAL
Amsterdam Light Festival
Durante l'evento Amsterdam Light Festival, che si tiene da dicembre all'inizio di gennaio, i canali di Amsterdam vengono illuminati dai migliori artisti della luce olandesi e stranieri. Per diverse settimane potrai ammirare spettacolari opere d'arte e installazioni luminose nel centro di Amsterdam.
Le opere d'arte luminose sono state disposte lungo due itinerari, percorribili rispettivamente a piedi e in barca. Il crepuscolo è il momento migliore della giornata per contemplare tali opere, poiché nell'oscurità le luci risaltano al meglio.
Itinerario a piedi Illuminade
L'itinerario a piedi 'Illuminade' comprende ogni anno oltre 20 opere d'arte luminose. Lungo il percorso è possibile ammirare i capolavori realizzati appositamente per il festival delle luci da prestigiosi artisti di fama internazionale. Non mancano proiezioni dai colori vivaci su edifici storici, dinamiche installazioni luminose all'interno dei parchi cittadini e opere in cui è persino possibile entrare.Itinerario in barca Water Colors
L'itinerario in barca 'Water Colors' ti consente di esplorare Amsterdam in un modo assolutamente straordinario. Sali a bordo di un battello illuminato e godi dello spettacolo offerto dalla speciale esposizione Water Colors mentre solchi i famosi canali del Seicento. Le moderne installazioni luminose avvolgono il centro storico in una luce completamente nuova. Percorri l’Herengracht e l’Oosterdok in barca fino a raggiungere il fiume Amstel e fai di Amsterdam un'esperienza memorabile. Con la crociera Water Colors puoi (ri)scoprire Amsterdam in un modo unico!Biglietti per l'Amsterdam Light Festival
Per evitare le lunghe code alla cassa, vi consigliamo di acquistare i biglietti direttamente da noi. Per approfittare al massimo della tua giornata ad Amsterdam puoi abbinare il tour in battello alla visita di uno dei numerosi musei di Amsterdam.Il punto di partenza dell'Amsterdam Light Festival si trova di fronte alla Stazione Centrale di Amsterdam.
Nei dintorni
L'Amsterdam Light Festival si tiene nel cuore di Amsterdam, tra i canali del centro storico e lungo il fiume Amstel. Nei pressi del punto di partenza del giro in battello alla scoperta dell'Amsterdam Light Festival sorgono il museo Madame Tussauds, il Palazzo Reale in piazza Dam, il Museo Ons’ Lieve Heer op Solder (Nostro Signore in soffitta) e naturalmente numerosi negozi per gli amanti dello shopping.Pernottare durante l'Amsterdam Light Festival
L'Amsterdam Light Festival interessa l'intero centro storico. Se desideri pernottare nei pressi delle installazioni luminose, in modo da poterle raggiungerle a piedi, prenota un hotel nel centro di Amsterdam.martedì 21 novembre 2017
PARTIRIPARTI - SANTO DOMINGO
Santo Domingo: dormire, mangiare e divertirsi a Cabarete e Puerto Plata
Spiagge infinite e ritmi sani. Ma anche tanto surf, movida notturna, ristoranti e hotel intimi. A Santo Domingo, tra Cabarete e Puerto Plata, l'Atlantico ha il ritmo del Caribe
Al mattino si fa vita di spiaggia nella baia protetta, solo brezze
leggere e mare calmo. Poi, a mano a mano che la temperatura sale, si
alzano gli alisei e comincia lo show delle vele che si incrociano in
cielo fino al tramonto. Forse Cabarete, poco più che un villaggio sulla costa atlantica della Repubblica Dominicana,
non è più “il segreto meglio conservato dei Caraibi”, come la definì il
surfista Jean Laporte, che vi si imbatté a metà anni degli Ottanta. Ma è
comunque una bella scoperta.
SANTO DOMINGO: PERCHÉ ANDARE A CABARETE E PUERTO PLATA
Chilometri di spiaggia dorata dove la tribù della tavola incontra giovani coppie e famiglie in vacanza. “Questa costa è l’ideale per gli sport acquatici, grazie alla combinazione rara e perfetta di alisei e acque calde”, spiega Marcus Bohm, surfer tedesco che nel 2003 ha creato Master of the Ocean,
primo e unico evento che riunisce in una sola gara tutte le discipline
legate alla tavola: surf, windsurf, kitesurfing o kiteboarding, con
l’aquilone, stand up paddle. L’appuntamento è stato a fine febbraio a
Playa Encuentro, dove Marcus Bohm ha aperto la sua scuola, 321 Take Off. Il periodo migliore per imparare? L’estate: perfetti per i principianti i venti più dolci e le onde meno inquiete.
La baia, una decina di chilometri di sabbia orlata di palme, è una successione di spot per tutti i gusti. Partendo da Playa Encuentro, a ovest, la punta di onde e vento dove si svolgono i campionati della tavola, si passa a Kite Beach, luogo di incontro dei kiteboarder, dove si concentrano scuole, centri di noleggio, negozi specializzati (info su Active Cabarete).
Cabarete Beach è nell’ansa più protetta e tranquilla: lettini da spiaggia all’ombra delle palme e tavolini di ristoranti e caffè. In fondo, sull’ultima punta che chiude la baia a est, ci sono le prime rocce, lisce e piatte, del Velero Resort, dove terminare la giornata con un aperitivo. L’immediato entroterra di foresta e montagne propone altre sfide sportive, dalla mountain bike all’esplorazione delle grotte, dal trekking alla discesa lungo una delle 27 cascate di Damajagua.
Più a nord, Puerto Plata, porta d’accesso alla costa nord e veterana fra le destinazioni turistiche dominicane, conserva un fascino Belle Époque che la differenzia da altre cittadine. Il piccolo centro storico della ciudad vieja è ritmato da suggestive dimore vittoriane in legno, a corona della piazza, dove troneggia l’immancabile glorieta, il padiglione per la banda. Le panchine in ghisa, i lampioni d’antan, i fusti delle alte palme reali e l’imponenza déco della cattedrale di San Felipe testimoniano lo splendore passato, che i responsabili del turismo sperano di rinnovare con l’apertura al traffico crocieristico del vicino porto Amber Cove. In un’elegante villa ottocentesca il Museo del Ámbar ha una bella collezione di pietre e gioielli con la preziosa resina, considerata la più trasparente al mondo. Ci sono ricchi giacimenti nella zona, non a caso conosciuta anche come Costa dell’Ambra.
Lo spettacolo più integro è a ovest. Superato Puerto Plata, la strada si muove tra costa e campagna. Un’ora e mezzo fino alle remote spiagge di Playa Ensenada e Punta Rucia. La meta per antonomasia è Cayo Arena. Un minuscolo isolotto sospeso nell’azzurro, che tutti chiamano Paradise Island. L’acqua è tiepida, tra le rocce coralline enormi gorgonie viola dondolano leggere come ventagli, un pellicano si tuffa a pescare incurante dei bagnanti. Dopo il bagno e lo snorkeling, si torna a terra per un pranzo gustoso sotto il pergolato del beach club Paradise Island.
La baia, una decina di chilometri di sabbia orlata di palme, è una successione di spot per tutti i gusti. Partendo da Playa Encuentro, a ovest, la punta di onde e vento dove si svolgono i campionati della tavola, si passa a Kite Beach, luogo di incontro dei kiteboarder, dove si concentrano scuole, centri di noleggio, negozi specializzati (info su Active Cabarete).
Cabarete Beach è nell’ansa più protetta e tranquilla: lettini da spiaggia all’ombra delle palme e tavolini di ristoranti e caffè. In fondo, sull’ultima punta che chiude la baia a est, ci sono le prime rocce, lisce e piatte, del Velero Resort, dove terminare la giornata con un aperitivo. L’immediato entroterra di foresta e montagne propone altre sfide sportive, dalla mountain bike all’esplorazione delle grotte, dal trekking alla discesa lungo una delle 27 cascate di Damajagua.
Più a nord, Puerto Plata, porta d’accesso alla costa nord e veterana fra le destinazioni turistiche dominicane, conserva un fascino Belle Époque che la differenzia da altre cittadine. Il piccolo centro storico della ciudad vieja è ritmato da suggestive dimore vittoriane in legno, a corona della piazza, dove troneggia l’immancabile glorieta, il padiglione per la banda. Le panchine in ghisa, i lampioni d’antan, i fusti delle alte palme reali e l’imponenza déco della cattedrale di San Felipe testimoniano lo splendore passato, che i responsabili del turismo sperano di rinnovare con l’apertura al traffico crocieristico del vicino porto Amber Cove. In un’elegante villa ottocentesca il Museo del Ámbar ha una bella collezione di pietre e gioielli con la preziosa resina, considerata la più trasparente al mondo. Ci sono ricchi giacimenti nella zona, non a caso conosciuta anche come Costa dell’Ambra.
Lo spettacolo più integro è a ovest. Superato Puerto Plata, la strada si muove tra costa e campagna. Un’ora e mezzo fino alle remote spiagge di Playa Ensenada e Punta Rucia. La meta per antonomasia è Cayo Arena. Un minuscolo isolotto sospeso nell’azzurro, che tutti chiamano Paradise Island. L’acqua è tiepida, tra le rocce coralline enormi gorgonie viola dondolano leggere come ventagli, un pellicano si tuffa a pescare incurante dei bagnanti. Dopo il bagno e lo snorkeling, si torna a terra per un pranzo gustoso sotto il pergolato del beach club Paradise Island.
SANTO DOMINGO: DOVE DORMIRE A CABARETE E PUERTO PLATA
Sono a un passo dall’acqua i nuovi hotel residence per chi desidera una vacanza di autonomia e relax a Cabarete. Ultravioleta Boutique Residences,
a metà strada fra il villaggio e Kite Beach, ha una ventina di
appartamenti con terrazzo vista oceano e una piscina a sfioro. Negli
interni, arredi contemporanei, una cucina superattrezzata, bagni con
Jacuzzi esterna.
Il Millennium Resort & Spa si distingue per ambienti cool nei colori del mare, centro benessere (anche corsi di yoga per surfisti) e la scuola di kitesurf. Si dorme nella quiete assoluta a Natura Cabana, boutique hotel a un quarto d’ora d’auto da Cabarete. Si trova nel complesso Perla Marina. Questo ecolodge un po’ new age – c’è un suggestivo padiglione fronte oceano dove seguire corsi di yoga – regala atmosfere rilassanti nelle cabaña in pietra e legno, con arredi tra etnico e feng shui. Lettini e amache ben distanziate per oziare sotto le palme; una casetta sull’albero per la gioia dei bambini. L’orto biologico rifornisce i due ristoranti open air. Da non perdere una cena al Natura: il menu include anche piatti vegetariani e vegani.
A tre chilometri dal centro di Puerto Plata, invece, Playa Dorada è un’enclave esclusiva nella migliore tradizione dei complessi turistici che hanno fatto la fortuna della costa orientale. La cittadella cintata accoglie una quindicina di resort all-inclusive, ristoranti, club, discoteche, piscine, uno shopping mall e uno spettacolare campo da golf disegnato da Robert Trent Jones. Un’eccezione al turismo tutto compreso è Casa Colonial Beach & Spa. La struttura, che appartiene ai Small Luxury Hotels of the World, è fra le più chic del Paese: ha una cinquantina di suite in un giardino tropicale. La spiaggia è attrezzata, ma è forte il richiamo dell’infinity pool sul tetto, lettini bianchi sul deck in legno, vasche idromassaggio affacciate sull’oceano. Dalla spiaggia chilometrica si vede la cima del Pico Isabel de Torres, 800 metri di altezza da raggiungere con el teleférico, l’unica funivia dei Caraibi.
Per godersi il Cayo Arena in beata solitudine, invece, l’ideale è dormire al Punta Rucia Lodge: da qui ci si arriva in un quarto d’ora, al mattino presto, quando ancora non si vedono le lance degli escursionisti. Punta Rucia Lodge è silenzioso. La spiaggia è lunghissima e deserta, punteggiata di manghi, mandorli, acacie e uva de playa. Dalla grande piscina a sfioro lo sguardo arriva al molo che si spinge nell’azzurro. Solo una dozzina di costruzioni, i faré, per una ventina di camere minimal chic che rubano i colori del mare e della sabbia. E qui c’è tanto da fare e da scoprire: spiagge segrete dove si arriva solo in barca, pesca d’altura. In pochi minuti di canoa si raggiunge il Santuario dei lamantini, nell’ampia laguna del Parco Estero Hondo. Le serate sono tranquille: nei dintorni c’è ben poco da fare e nel prezzo della camera è compresa anche la cena à la carte.
Il Millennium Resort & Spa si distingue per ambienti cool nei colori del mare, centro benessere (anche corsi di yoga per surfisti) e la scuola di kitesurf. Si dorme nella quiete assoluta a Natura Cabana, boutique hotel a un quarto d’ora d’auto da Cabarete. Si trova nel complesso Perla Marina. Questo ecolodge un po’ new age – c’è un suggestivo padiglione fronte oceano dove seguire corsi di yoga – regala atmosfere rilassanti nelle cabaña in pietra e legno, con arredi tra etnico e feng shui. Lettini e amache ben distanziate per oziare sotto le palme; una casetta sull’albero per la gioia dei bambini. L’orto biologico rifornisce i due ristoranti open air. Da non perdere una cena al Natura: il menu include anche piatti vegetariani e vegani.
A tre chilometri dal centro di Puerto Plata, invece, Playa Dorada è un’enclave esclusiva nella migliore tradizione dei complessi turistici che hanno fatto la fortuna della costa orientale. La cittadella cintata accoglie una quindicina di resort all-inclusive, ristoranti, club, discoteche, piscine, uno shopping mall e uno spettacolare campo da golf disegnato da Robert Trent Jones. Un’eccezione al turismo tutto compreso è Casa Colonial Beach & Spa. La struttura, che appartiene ai Small Luxury Hotels of the World, è fra le più chic del Paese: ha una cinquantina di suite in un giardino tropicale. La spiaggia è attrezzata, ma è forte il richiamo dell’infinity pool sul tetto, lettini bianchi sul deck in legno, vasche idromassaggio affacciate sull’oceano. Dalla spiaggia chilometrica si vede la cima del Pico Isabel de Torres, 800 metri di altezza da raggiungere con el teleférico, l’unica funivia dei Caraibi.
Per godersi il Cayo Arena in beata solitudine, invece, l’ideale è dormire al Punta Rucia Lodge: da qui ci si arriva in un quarto d’ora, al mattino presto, quando ancora non si vedono le lance degli escursionisti. Punta Rucia Lodge è silenzioso. La spiaggia è lunghissima e deserta, punteggiata di manghi, mandorli, acacie e uva de playa. Dalla grande piscina a sfioro lo sguardo arriva al molo che si spinge nell’azzurro. Solo una dozzina di costruzioni, i faré, per una ventina di camere minimal chic che rubano i colori del mare e della sabbia. E qui c’è tanto da fare e da scoprire: spiagge segrete dove si arriva solo in barca, pesca d’altura. In pochi minuti di canoa si raggiunge il Santuario dei lamantini, nell’ampia laguna del Parco Estero Hondo. Le serate sono tranquille: nei dintorni c’è ben poco da fare e nel prezzo della camera è compresa anche la cena à la carte.
SANTO DOMINGO: COMPRARE, MANGIARE E DIVERTIRSI A CABARETE E PUERTO PLATA
Ci
sono voluti meno di 20 anni per trasformare un villaggio sonnolento in
top destination per kiteboarder. Il passaparola dei surfisti ha fatto di
Cabarete il punto d’incontro di una comunità giovane e
cosmopolita. Si vive in short e infradito, la sera si ascolta musica e
si balla sulla sabbia. Si passa davanti a bar e colmados (empori),
numerosi surf shop e qualche vetrina intrigante. Un esempio? Kana Rapai:
minuscolo negozio, dove curiosare fra oggetti e bijoux. Bei pezzi di
artigianato, insieme a qualche gioiello in ambra e larimar (altra pietra
dominicana) si trovano da Taina; mentre per tuniche, pareo, sandali, borse, l’indirizzo è Lili Lou. Di fronte, si getta un’occhiata ai costumi della Beach Box Boutique.
A Cabarete la dolce vita dominicana ha gusti semplici e ritmi indolenti nella sfilata di locali sulla sabbia, aperti ininterrottamente tutti i giorni. Il ristorante migliore e più rinomato è La Casita de Papi: una veranda di legno e una manciata di tavolini sotto gli alberi dove concedersi una padellata di gamberi, con una squisita salsa al curry e Pernod. Al calar della sera comincia la movida sotto le palme. Si va da Onno’s per un cocktail al tramonto, secondo la formula dell’happy hour all’americana (due drink al prezzo di uno). Il vicino Leaf Cabarete è uno degli indirizzi più raffinati: si ascolta musica lounge, che vira all’house col passar delle ore, soprattutto quando Azar si esibisce alla console.
Un altro indirizzo per intenditori è El Manguito, a Puerto Plata. Un cartello, un albero di mango, un’arcata un po’ buia che scende di alcuni gradini verso la sala con veranda, un patio con tetto di paglia e grandi ventilatori. Il pranzo è una festa di piatti di pesce – frutti di mare, granchi, gamberoni, aragoste – ma è anche l’occasione per provare una specialità di carne, il capretto locale, nutrito a origano silvestre.
A Cabarete la dolce vita dominicana ha gusti semplici e ritmi indolenti nella sfilata di locali sulla sabbia, aperti ininterrottamente tutti i giorni. Il ristorante migliore e più rinomato è La Casita de Papi: una veranda di legno e una manciata di tavolini sotto gli alberi dove concedersi una padellata di gamberi, con una squisita salsa al curry e Pernod. Al calar della sera comincia la movida sotto le palme. Si va da Onno’s per un cocktail al tramonto, secondo la formula dell’happy hour all’americana (due drink al prezzo di uno). Il vicino Leaf Cabarete è uno degli indirizzi più raffinati: si ascolta musica lounge, che vira all’house col passar delle ore, soprattutto quando Azar si esibisce alla console.
Un altro indirizzo per intenditori è El Manguito, a Puerto Plata. Un cartello, un albero di mango, un’arcata un po’ buia che scende di alcuni gradini verso la sala con veranda, un patio con tetto di paglia e grandi ventilatori. Il pranzo è una festa di piatti di pesce – frutti di mare, granchi, gamberoni, aragoste – ma è anche l’occasione per provare una specialità di carne, il capretto locale, nutrito a origano silvestre.
lunedì 20 novembre 2017
PARTIRIPARTI - BORGHI DELLA CARNIA
Borghi della Carnia: Pesariis e Sauris, tra orologi, prosciutti e formaggi di malga
Sulle montagne friulane, alla scoperta di due piccoli paesi capaci di grandi produzioni. Pesariis è un museo a cielo aperto della tradizione orologiaia. E Sauris regala il meglio dei sapori artigianali dell'Alta Carnia
Se vi troverete a passeggiare senza orologio per le strade di Pesariis, piccolo e delizioso borgo della Carnia, non avrete certo bisogno di chiedere l’ora a un passante. Disseminati lungo le vie del paese ci sono, infatti, 15 enormi orologi,
ognuno diverso dall’altro e con un proprio sistema di funzionamento,
che vi ricordano a che punto è il passare del tempo. C’è l’orologio ad acqua, quello a vasi basculanti, il calendario perpetuo, diverse tipologie di meridiane, l’orologio a carillon e quello con i pianeti, quello a cremagliera e a scacchiera. E altri cento ne troverete nel Museo dell’Orologeria Pesarina, che racchiude dei veri capolavori di precisione e ingegneria.
Questo piccolo paese di neanche 200 abitanti è diventato uno dei centri
italiani di maggiore importanza per l’arte oroglogiaia ed esporta le
sue creazioni con successo in tutto il mondo.
Gli orologi a palette che tanto andavano di moda dagli anni Cinquanta e che oggi sono venduti a carissimo prezzo agli appassionati di vintage? Sono stati inventati qui intorno agli anni Trenta, grazie all’ingegno dei suoi abitanti, soprattutto di Remigio Solari, che ne fu il creatore. Ma l’operoso Remigio è solo l’erede di un altro personaggio, un tale Solari, figura tra il reale e il mitologico che si stabilì qui intorno al 1700: che fosse un pirata, una spia o un esattore fiscale (ipotesi meno romantica, ma esistente), poco importa. Ciò che conta è che da lui è partita tutta una storia familiare che ha reso l’orologeria italiana famosa in tutto il mondo (il Cifra 3 è esposto al MOMA Museum of Modern Art di New York).
Sul perché questa tradizione orologiaia così forte sia nata proprio in questo minuscolo borgo arroccato sulle montagne del Friuli
ci sono diverse teorie, tutte compatibili tra loro: oltre alla figura
di Solari (che possedeva ottime conoscenze di meccanica e astronomia),
questa è una zona caratterizzata, fin dall’antichità, di forti movimenti
migratori da parte dei cramârs, mercanti
erranti che portavano le loro merci, soprattutto spezie e stoffe, oltre
le Alpi. Spostandosi, questi hanno avuto contatti con la Baviera, dove l’arte orologiaia era già molto diffusa e sviluppata, ed è plausibile che abbiano introdotto in paese alcuni di questi orologi, che vennero poi studiati e perfezionati in loco. Il 1725 è una data emblematica per Pesariis, perché nasce la Fabbrica Solaris, che aiutò a frenare anche l’ingente emigrazione: gli orologi prodotti qui cominciarono a poco a poco a essere conosciuti ed esportati in tutto il Friuli, poi nel vicino Veneto e infine in tutto il mondo, dove sono ancora oggi più richiesti e apprezzati che mai.
Un paese piccolo, Sauris, ma dove c’è spazio per altre importanti attività: Sandro e Massimo Petris
hanno deciso di trasformare la loro passione per la birra artigianale
in un prodotto unico, senza coloranti e conservanti, che ben si presta a
raccontare la terra dove sono nati e dove vivono, fondando lo Zahre (l’antico nome di Sauris in dialetto, ndr) Beer, uno
dei primi birrifici agricoli in Italia a utilizzare il malto da
produzioni proprie. Il loro non era un sogno facile: quello di produrre
birra a 1400 metri di altezza.
Sebastiano Crivellaro, quando nel 2002 i genitori si
ritirarono a Sauris in pensione, non è rimasto indifferente al richiamo
della montagna. «In realtà, più che della montagna, del buonissimo
formaggio di malga!», scherza. Decide di mollare il suo lavoro nel
settore commerciale, affittare un antico stavolo e di cominciare
un’attività imprenditoriale di stagionatura e affinatura dei formaggi di malga. Fonda la Malga Alta Carnia,
che è oggi un’azienda piccola ma ben posizionata nel mercato friulano.
«Solo invecchiando un uomo diventa saggio, e un formaggio ti dà qualcosa
di più», è il motto di Sebastiano, che, infaticabile, sperimenta sempre
nuove tecniche di stagionatura: si fa prestare del malto dall’amico Sandro, il produttore della birra Zahre, per far stagionare le forme, oppure le ripone in un mix di erbe officinali, fiori di canapa o mirtilli.
Una sola regola: tutto dev’essere rigorosamente prodotto e realizzato
in loco, con i profumi di queste terre. Che, se l’uomo le maneggia con
cura e rispetto, regalano in cambio sapori unici al mondo.
Gli orologi a palette che tanto andavano di moda dagli anni Cinquanta e che oggi sono venduti a carissimo prezzo agli appassionati di vintage? Sono stati inventati qui intorno agli anni Trenta, grazie all’ingegno dei suoi abitanti, soprattutto di Remigio Solari, che ne fu il creatore. Ma l’operoso Remigio è solo l’erede di un altro personaggio, un tale Solari, figura tra il reale e il mitologico che si stabilì qui intorno al 1700: che fosse un pirata, una spia o un esattore fiscale (ipotesi meno romantica, ma esistente), poco importa. Ciò che conta è che da lui è partita tutta una storia familiare che ha reso l’orologeria italiana famosa in tutto il mondo (il Cifra 3 è esposto al MOMA Museum of Modern Art di New York).
A SAURIS, TRA PROSCIUTTI, BIRRA E FORMAGGI DI MALGA
Ma la creatività dei friulani ci regala diversi altri esempi illustri: a 30 km da Pesariis c’è un altro borgo di montagna che merita una sosta. Arrivati a Sauris, infatti, non si può restare indifferenti di fronte alla bellezza di un paese da cartolina, dove ogni casa espone originali sculture in legno, i balconi straripano di fiori variopinti, i prati sono perfetti. Ma questo piccolo centro di 400 abitanti, su due livelli (Sauris Di Sopra e Sauris Di Sotto), oltre alla sua innegabile bellezza ha ben altro da offrire e racconta storie di gente operosa. Esempio ne è il prosciuttificio Wolf, fondato negli anni Sessanta da Giuseppe Petris, con alle spalle una lunga tradizione familiare cominciata a metà del 1800: un piccolo laboratorio casalingo è diventato un’azienda che fattura 14 milioni di euro l’anno e fa lavorare ben 60 dipendenti. Ogni settimana, qui si producono 1000 prosciutti (lavorati in modo unico con sale, pepe e aglio), 1500 forme di speck e 200 quintali di altre delizie, tra cui coppa, pancetta, guanciale, salsiccia, cotechino… Nel processo di produzione, alcuni passaggi sono ancora fatti rigorosamente a mano. Tre sono i gioielli di casa Wolf: il prosciutto crudo IGP di Sauris, che si distingue tra tutti i prodotti italiani tutelati per l’affumicatura ottenuta per combustione naturale di legna di faggio, lo speck e il salame, che vengono prodotti senza usare nessun conservante.giovedì 16 novembre 2017
PARTIRIPARTI - PACCHETTI NATALIZI IN SVEZIA
Svezia: Skellefteå apre al turismo con pacchetti natalizi in Lapponia
Safari in motoslitta nelle foreste in cerca dell’alce, pesca nel ghiaccio, ciaspole, l'incontro con Babbo Natale nella sua capanna immersa nel bosco. E nell'affascinante Lantliv Lodge, una casa di legno dell'Ottocento, il proprietario, fotografo professionista, insegna a catturare l'attimo
In Svezia, le festività natalizie iniziano la prima domenica dell’Avvento, quest’anno il 3 dicembre, quando gli svedesi si riuniscono per scaldarsi con il glögg, vino caldo speziato arricchito con mandorle e uvetta, servito con dolci allo zafferano e biscotti allo zenzero. In tutte le finestre si vedono i tipici candelabri dell’avvento e delle lampade appese a forma di stella, per illuminare il buio invernale e creare l’atmosfera natalizia. Nelle città aprono i mercatini di Natale e tutto brulica di vita, nella natura selvaggia della Lapponia la neve ammanta tutto di una coltre così fitta da creare un’atmosfera quasi irreale: foreste avvolte dal silenzio, il mare e laghi ghiacciati e le aurore boreali che illuminano il cielo. La novità di quest’anno sono i numerosi pacchetti per il Ponte dell’Immacolata, Natale, Capodanno ed Epifania a Skellefteå, a un’ora di volo da Stoccolma, una destinazione nuova e insolita per trascorrere qualche giorno lontani dal turismo di massa.
IN SLITTA O CON LE CIASPOLE TRA LE RENNE
Incastonata tra laghi, fiumi e boschi vicino al Golfo di Botnia nella Lapponia meridionale, regala esperienze entusiasmanti: dal safari in motoslitta nelle foreste in cerca dell’alce, alla pesca nel ghiaccio, dalle passeggiate con le ciaspole all’incontro con Babbo Natale nella sua piccola capanna immersa nel bosco. Senza dimenticare l’emozione di sfrecciare tra gli alberi innevati a bordo di una slitta trainata dagli husky. I molti pacchetti, novità dell’anno, prevedono l’alloggio in un tipico albergo, Stiftsgården, accogliente e nel centro della più antica area culturale di Skellefteå. Molte delle attività si svolgono nell’entroterra, nel piccolo villaggio di Österjörn, affacciato sulle rive di un lago ghiacciato. Qui il fotografo Edoardo Miola si è trasferito quattro anni fa dove ha aperto il Lantliv Lodge, un’affascinante casa di legno ottocentesca, ex canonica, un luogo dove vivere a contatto con la natura e conoscere tradizioni locali e gastronomia. Il lodge si trova in una zona poco illuminata perciò, con un po’ di fortuna, quando fa buio, si assiste al grande spettacolo dell’aurora boreale. Le attività che organizza? Sono moltissime, da quelle all’aria aperta (pattinaggio, sci di fondo, slitta e motoslitta e, naturalmente, corsi di fotografia di alto livello) a, quelle, più inusuali e curiose, al caldo delle stanze del lodge: corsi di cucina svedese e italiana, lezioni di yoga e workshop di tessitura e laboratori artigiani. Una nuova realtà culturale che offre un’alternativa originale alla semplice vacanza e al solo soggiorno.PACCHETTI PER TUTTI I GUSTI
PONTE DELL’IMMACACOLATA A SKELLEFTEÅ – 7-10 dicembre 2017
Nei tre giorni del Ponte di Immacolata protagonista è la quiete della natura e della tundra sub-artica vicino ai piccoli villaggi lapponi. Nel paesino Svansele si visita la bella esibizione della fauna locale per poi partire in motoslitta nei territori selvaggi abitati dagli alci. Nel bosco, in una piccola capanna, ad accogliere è Babbo Natale: si gusta una zuppa tipica cucinata sul fuoco aperto, ascoltando storie e favole sulla natura selvaggia del luogo. Il pomeriggio e sera si trascorrono al Lantliv Lodge dove, volendo, c’è la possibilità di visionare le proprio foto scattate durante la giornata con Edoardo Miola, fotografo professionista. Il giorno dopo, largo a pesca nel ghiaccio, slitta trainata da cani Husky e ciaspolata sul lago e nel bosco circostante il lodge. Prima di tornare i Italia si può visitare il Mercato di Natale a Skellefteå, allestito tra le tipiche case svedesi in legno rosso, e assaggiare lo “julbord”, buffet natalizio con molte specialità locali.NATALE A SKELLEFTEÅ – 23-27 dicembre 2017
In Svezia, il giorno più importante durante le feste natalizie è la vigilia di Natale, quando Babbo Natale bussa alla porta delle case per distribuire i doni ai bambini bravi. Ecco perché nel pacchetto Natale a Skellefteå si va a cercare Babbo Natale in mezzo alla foresta proprio il 24 dicembre. Si parte dal Wilderness center di Svansele in una grande slitta trainata da una motoslitta per fare l’ultimo pezzo a piedi tra gli abeti innevati. Babbo Natale accoglie i visitatori nella piccola capanna di legno con una bevanda di mirtilli rossi e una zuppa calda. Racconta storie e tradizioni del Natale attorno al fuoco acceso e alla fine i bambini ricevono un regalo di Natale dal grande sacco. La tradizionale cena della vigilia di Natale, con le specialità svedesi, si svolge al Lantliv Lodge, decorato e illuminato per le feste. Il giorno di Natale è dedicato alle attività all’aperto attorno al Lantliv Lodge: pesca nel ghiaccio, ciaspolata, cani slitta… chi vuole può anche imparare a fare i tradizionali biscotti allo zenzero e cannella “pepparkakor”. L’ultimo giorno si parte per la visita del parco faunistico artico a Lycksele, una vasta area naturale dove è possibile osservare diverse specie di fauna nordica come lupi, linci, buoi muschiati, volverine nel loro habitat invernale.CAPODANNO A SKELLEFTEÅ – 29 dicembre -2 gennaio 2018
Stanchi di brindare al nuovo anno in luoghi affollati? In Lapponia si brinda nella natura innevata sotto la volta celeste movimentata dall’aurora boreale (se si ha fortuna). Le possibilità di svolgere diverse attività durante il soggiorno sono tante: safari in motoslitta attraverso la foresta in cerca dell’alce, pesca nel ghiaccio, gita sul lago ghiacciato con gli husky o con il tipico slittino a spinta, un incrocio tra slittino e monopattino per la neve. Si visita, naturalmente, anche Babbo Natale nella sua piccola capanna immersa nel bosco. La mattina della Vigilia si dedica alla cultura locale di Skellefteå visitando, tra l’altro, Bonnstan, uno dei villaggi parrocchiali svedesi meglio conservati: 116 casette di legno dove nel passato i credenti dai paesini lontani potevano riposare dopo il lungo viaggio per andare a messa la domenica. A seguire un incontro con un rappresentante Sami che racconterà della cultura Sami. Dopo qualche ora di relax nella Spa dell’albergo si ci sposta nell’accogliente Lantliv Lodge, nell’entroterra, per il cenone di Capodanno e per celebrare il nuovo anno all’aperto lanciando le tipiche lanterne luminose.
EPIFANIA A SKELLEFTEÅ – 3-7 gennaio 2018
Il soggiorno a Skellefteå, durante l’Epifania, offre molte esperienze entusiasmanti, tra attività nella neve, cultura e gastronomia locale. Si attraversano le foreste e la tundra imbiancate per arrivare a Svansele dove si partecipa a un safari in motoslitta nella natura selvaggia sperando di avvistare alci, molti frequenti in questa zona. Dopo il safari si visita la mostra degli animali artici per poi gustare il pranzo con le specialità locali come renna, alce e salmone artico, tutto preparato al fuoco vivo. Il giorno seguente ci si sposta all’hotel di charme Lantliv Lodge a Österjörn, dove si può provare una delle esperienze più amate, guidare una slitta trainata dai cani huskies in mezzo alla foresta. Altre attività da provare sono: la pesca nel ghiaccio, passeggiate con le ciaspole, i tradizionali sci svedesi in legno. Chi è interessato alla fotografia avrà la possibilità di farsi analizzare le foto insieme a Edoardo Miola che risiede qui, fotografo NPS (Nikon School), che darà anche qualche consiglio su come fotografare le luci del Nord. L’ultima notte è a Stoccolma.
Per qualsiasi informazione non esitate a contattarci!martedì 14 novembre 2017
PARTIRIPARTI - FICO EATALY WORLD
Fico Eataly World: a Bologna apre il parco gastronomico più grande del mondo
Il 15 novembre s'inaugura quella che è già stata ribattezzata la "Disneyland del cibo": 100 mila mq, 700 dipendenti più altre 4000 persone che lavorano nell’indotto, 150 aziende coinvolte nella sua realizzazione, 45 punti di ristoro di cucina regionale e di street food. "Dal campo alla forchetta", sarà una vetrina permanente della biodiversità e della filiera agroalimentare italiana: 40 fabbriche alimentari in funzione, che producono dai formaggi ai panettoni, dalla pasta al vino, dal miele al culatello
Bologna batte Lione. Non è una partita di calcio, ma una disfida fra
cittadelle del food che vede l’Italia vincere sul tempo la Francia. A Bologna il 15 novembre s’inaugura Fico Eataly World, Fabbrica italiana contadina,
mentre il progetto di Lione, un centro mondiale della gastronomia, si
farà. Dopo. Ma i sapori di Fico sono tutti nostrani, italianissimi. È il
parco gastronomico più grande del mondo: 100 mila
metri quadri, 700 dipendenti più altre 4.000 persone che lavorano
nell’indotto, 150 aziende coinvolte nella sua realizzazione. La
Disneyland del cibo? Il paragone qui non offende nessuno, visto il
successo economico e di pubblico dei parchi Disney. Fra consumo,
didattica e spettacolarità, Fico vuole essere la vetrina permanente della biodiversità e della filiera agroalimentare italiana. L’ingresso è una parete di mele gialle e rosse
con una nota che informa di come in Europa ci siano 1.200 varietà di
mele, delle quali 1.000 sono italiane. Tanto per sottolineare la nostra
ricchezza alimentare. ci sono anche le giostre, che non sono quelle dei
luna park ma padiglioni didattici a tema, interattivi su vari
temi dagli animali alla terra, al mare, l’unica attrazione a pagamento
(due euro) con bellissimi filmati del Centro Sperimentale di cinematografia di Maurizio Nichetti.
A mezz’ora dalla stazione di Bologna (navette ogni 15 minuti), aperto tutti i giorni fino a mezzanotte, ingresso gratuito, Fico è un posto dove si mangia (45 punti di ristoro di cucina regionale e di street food, comprese le osterie dei borghi più belli d’Italia), si compra (48 punti vendita e 40 fabbriche alimentari in funzione, che producono dai formaggi ai panettoni, dal miele al culatello) e si impara come nasce il cibo italiano. Non dalla fine, cioè dagli chef, ma si parte dall’inizio, cioè agricoltura (2 ettari di campi e 2.000 cultivar), allevamento e poi trasformazione a tavola. Ci sono le stalle
con 200 animali, mucche, galline ovaiole, cinque razze diverse di
suini, 12 pecore da latte e un agnello, capre, asini, e Luana e Isotta,
le cavalle. C’è persino una tartufaia con tanto di cani che fanno lo show di andare e snidare la trifola e dove si può portare il proprio cane per un addestramento.
E poi ci sono le filiere, formaggi, il Consorzio Parmigiano Reggiano con l’adesione di 80 caseifici, salumi eccellenti, le carni, la pasta, il riso, il gelato, le caramelle, il cioccolato. Oltre a vini, birre, torrefazioni.
Una sfilata di sapori e profumi, abilità artigianali di piccoli
produttori e grandi marchi. Ci sono in genere i brand gastronomici di
Eataly. Ma Oscar Farinetti non è l’unico protagonista di questa
avventura gastronomica. I promotori sono Comune e Camera di commercio di
Bologna, Regione Emilia Romagna, imprenditori pubblici e privati, che
hanno investito per dare nuova vita allo spazio dell’ex mercato
agroalimentare. Dove era già stata fatta una scelta lungimirante dal
punto di vista ecologico: il più grande impianto fotovoltaico d’Europa
con 180mila pannelli solari. Ed è sotto il segno della mobilita
alternativa anche il parco bici con cui si può girare fra gli stand. Con tanto di cestino per la spesa.
E se gli acquisti sono troppo ingombranti e pesanti e si è arrivati fin
qui con le navette di Fico, dopo le casse c’è un ufficio postale che
spedisce tutto a casa.
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(PADOVA)
giovedì 9 novembre 2017
PARTIRIPARTI - MOSCA
Mosca: cento anni di Rivoluzione e non sentirli
Nella notte del 7 novembre di un secolo fa i Bolscevichi presero il Palazzo d'Inverno nell'allora Pietrogrado. Ma a cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre, Lenin non è un mito. Le lunghe file per visitare la sua salma nel Mausoleo sulla Piazza Rossa di Mosca sono fatte da turisti, quasi tutti cinesi. E la metropoli non ha messo in piedi grandi festeggiamenti. Ecco cosa resta dell'epopea sovietica nella capitale
Per comprendere che cosa resta oggi della Rivoluzione sovietica a Mosca basta andare in un’ex fabbrica: è Ottobre Rosso o Krasny Oktyabr, fabbricava cioccolata e oggi è un centro poli-culturale alternativo molto chic e anche piuttosto caro (l’indirizzo è Bersenevskaya nab. 6), in cui gallerie d’arte e piccoli musei si alternano a locali e ristoranti. Il più quotato è lo Strelka Bar, sulla cui terrazza affacciata sulla Moscova, d’estate, è impossibile trovare posto se non si prenota e il cui nome è lo stesso della contigua scuola di design, la più moderna della città. Come dire: tra murales stile pop-art, studi minimalisti e locali di design, qui non c’è traccia di nostalgia. Tutt’al più il mood è esterefilo, pur in una Russia sempre più nazionalista e pro-Putin.
mercoledì 8 novembre 2017
PARTIRIPARTI - NUOVA CALEDONIA
Nuova Caledonia: atolli, spiagge deserte e cuore selvaggio
Dalla capitale Nouméa, alla Grande Terre, Ile des Pins, e Ouvéa. Un viaggio negli atolli sperduti del Mar dei Coralli, tra spiagge incontaminate, canyon e cowboy: è la Nuova Caledonia, ai confini (e alle origini) del mondo
A metà pomeriggio se ne vanno nella foresta ad ascoltare il canto di uccelli come il Ducula goliath,
il più grande e colorato piccione del mondo. Un rito antico, un momento
di contemplazione irrinunciabile per i Kanak, che vivono nella
trafficata capitale della Nuova Caledonia, Nouméa,
ma anche nei villaggi sperduti di questa terra incastonata tra la Nuova
Zelanda e l’Australia. Una Polinesia di 50 anni fa, secondo la National Geographic Society, sfuggita alle multinazionali del turismo. Le Caillou, il Sasso, come gli indigeni organizzati ancora in tribù chiamano la Nuova Caledonia, è un “Jurassic Park” racchiuso tra colline, cascate maestose, da cui si alzano arcobaleni di acqua vaporizzata, e l’immensa laguna color smeraldo, la più bella del pianeta, Patrimonio dell’Umanità Unesco:
23mila chilometri quadrati e una barriera corallina di 1.800 chilometri
(la seconda più lunga del mondo, dopo quella australiana). Soprattutto è
un paradiso di biodiversità, un’Arca di Noè con più di 3.000 specie
endemiche, secondo solo all’Amazzonia.
NUOVA CALEDONIA: IL CENTRE CULTUREL TIBAJOU
Si gioca alla pétanque, la variante francese delle bocce, si beve pastis
e si fa colazione con i croissant nei caffè della capitale, affacciati
sulle strade dedicate ad Anatole France o al generale De Gaulle e
abitate dai Caldoches, eredi dei primi coloni francesi. Ma nei
villaggi affacciati sui giardini pietrificati in fondo al mare, ai bordi
degli stagni fioriti di ninfee, sopravvive un mondo fuori dal tempo che
crede alla magia dell’igname, la radice sacra, e ai poteri del tarik,
il piccolo pacchetto in fibra di cocco intrecciata che tiene lontane le
tempeste dai naviganti. Ed è ancora capace di meravigliarsi. La douce France è lontana 17mila chilometri, come ricorda il pannello nel cuore della piazza centrale di Nouméa. Tra le strade a scacchiera del vecchio centro della capitale, la piazza dei Cocotiers e il Quartiere Latino, dietro le verande delle case coloniali si annidano sogni mai spenti, quelli della decolonizzazione e dell’autonomia dalla métropole, come è chiamata Parigi. “I Kanak devono essere invitati al banchetto delle civiltà come uomini liberi”, diceva Jean Marie Tibajou, il celebre leader indipendentista a cui è stato dedicato lo straordinario Centre Culturel, in legno iroko e acciaio, firmato da Renzo Piano e ispirato alle capanne delle tribù caratterizzate dalla flèche faîtière, una lancia di legno intagliato che adorna i tetti intrecciati e che rappresenta il simbolo della cultura Kanak. Il
Centre Culturel Tibajou è la tappa irrinunciabile per ammirare i
capolavori di un’arte confinata per anni in un lungo purgatorio
coloniale e oggi esposta nelle gallerie di Parigi, di Sydney, di New
York, che si contendono le sculture in legno di Io Waia e i bambù incisi
di Micheline Neporon.
NUOVA CALEDONIA: LE MERAVIGLIE DELL’ÎLE DES PINS
Europa e mari del Sud convivono tra i locali pieds dans l’eau e i padiglioni che ospitano le bancarelle dai profumi esuberanti del mercato. Affacciato sulla marina, il ristorante Blinz delizia i palati con tartare di spada al frutto della passione, bougna marinaro, uno stufato, mahi mahi, un pesce locale, alle spezie.Ormeggiate
nel porto, ecco le barche corrose dalla salsedine di skipper vagabondi,
gli Ulisse del terzo millennio che fanno tappa qui dopo anni di
navigazione nel Pacifico. Come Marco Iazzetta,
tecnico federale della squadra olimpica italiana di vela, incantato
dalle centinaia di atolli deserti, dall’acqua piatta e dai 25 nodi di
vento. Ma anche dal modo di vivere il mare, easy, familiare come un vecchio amico. Il suo luogo del cuore? L’atollo di Nokanhui, una striscia di sabbia bianco smagliante, al largo dell’Île des Pins.
Da questo piccolo paradiso nel cuore del mar dei Coralli, a cavallo del tropico del Capricorno, dove si atterra in una ventina di minuti di volo dalla capitale, può cominciare la scoperta del continente in miniatura. L’avamposto è l’hotel Méridien Île des Pins, che organizza escursioni in laguna a bordo di barche attrezzate per snorkeling e immersioni sul fondale di dieci metri, un acquario tropicale popolato di pesci luna e gorgonie rosse. Imperdibili le isolette di Nokanhui e Brousse, dove si banchetta sotto gli alberi gustando le saporite aragoste. L’unica traccia sulla sabbia immacolata è quella del celebre tricot rayé, serpentello velenoso come un cobra che esplora il mare e le spiagge alla ricerca di prede, ma fugge davanti all’uomo. A pochi minuti dall’hotel, tra bananeti, orchidee, sorgenti, si nasconde la piscina naturale della Baie d’Oro, specchio di mare turchese racchiuso in un triangolo di sabbia bianchissima. A Kanunera capita di nuotare con i delfini; a Kuto, o nella scenografica baia di Upi, l’acqua è così chiara che si distingue la chiglia dei velieri all’ancora, sospesi nell’azzurro. Si specchiano in mare i pini colonnari che hanno dato il nome all’isola. Tanto alti e scuri che i primi scienziati, arrivati con James Cook nel 1774, li avevano scambiati per colonne di basalto. In meno di un’ora si raggiunge la cima del Pic N’Ga, da cui si abbraccia l’intera isola.
Da questo piccolo paradiso nel cuore del mar dei Coralli, a cavallo del tropico del Capricorno, dove si atterra in una ventina di minuti di volo dalla capitale, può cominciare la scoperta del continente in miniatura. L’avamposto è l’hotel Méridien Île des Pins, che organizza escursioni in laguna a bordo di barche attrezzate per snorkeling e immersioni sul fondale di dieci metri, un acquario tropicale popolato di pesci luna e gorgonie rosse. Imperdibili le isolette di Nokanhui e Brousse, dove si banchetta sotto gli alberi gustando le saporite aragoste. L’unica traccia sulla sabbia immacolata è quella del celebre tricot rayé, serpentello velenoso come un cobra che esplora il mare e le spiagge alla ricerca di prede, ma fugge davanti all’uomo. A pochi minuti dall’hotel, tra bananeti, orchidee, sorgenti, si nasconde la piscina naturale della Baie d’Oro, specchio di mare turchese racchiuso in un triangolo di sabbia bianchissima. A Kanunera capita di nuotare con i delfini; a Kuto, o nella scenografica baia di Upi, l’acqua è così chiara che si distingue la chiglia dei velieri all’ancora, sospesi nell’azzurro. Si specchiano in mare i pini colonnari che hanno dato il nome all’isola. Tanto alti e scuri che i primi scienziati, arrivati con James Cook nel 1774, li avevano scambiati per colonne di basalto. In meno di un’ora si raggiunge la cima del Pic N’Ga, da cui si abbraccia l’intera isola.
NUOVA CALEDONIA: ALLA SCOPERTA DELL’ATOLLO DI OUVÉA
È un sogno azzurro anche Ouvéa, la più a nord delle îles Loyauté, le isole della Lealtà, con i 25 chilometri della spiaggia di Fayaoué, bianco smagliante. Più di 5.000 specie marine popolano la Grande Laguna sud,
dove si riproducono le balene. Nessuna antiestetica costruzione
disturba il paesaggio, quintessenza dei Mari del Sud, tra le
spettacolari falesie di Lékine e la spiaggia di Mouli, fotografata come una modella di Vogue. Tutto merito dei Kanak, ecologisti convinti, che da sempre si battono contro ogni lottizzazione.
Una sola strada attraversa il minuscolo atollo nel quale vivono solo 4.000 persone. Un paesaggio degno di Gauguin, dove scultori sotto gli alberi intagliano statue in legno; le donne intrecciano le foglie di palme per farne borse e cappelli o danno la caccia ai prelibati granchi delle mangrovie; gli uomini, immersi fino alla vita nell’acqua cristallina, lanciano verso il mare, con un ampio gesto, gli sparvieri, le reti circolari, perpetuando una pesca antica che porta abbondanti bottini. All’estremo sud, si fanno perdere le tracce in uno dei bungalow a pochi metri dal mare del Paradis d’Ouvéa, l’unico hotel dell’isola, con gli interni firmati dallo stilista giapponese Yohji Yamamoto.
Una sola strada attraversa il minuscolo atollo nel quale vivono solo 4.000 persone. Un paesaggio degno di Gauguin, dove scultori sotto gli alberi intagliano statue in legno; le donne intrecciano le foglie di palme per farne borse e cappelli o danno la caccia ai prelibati granchi delle mangrovie; gli uomini, immersi fino alla vita nell’acqua cristallina, lanciano verso il mare, con un ampio gesto, gli sparvieri, le reti circolari, perpetuando una pesca antica che porta abbondanti bottini. All’estremo sud, si fanno perdere le tracce in uno dei bungalow a pochi metri dal mare del Paradis d’Ouvéa, l’unico hotel dell’isola, con gli interni firmati dallo stilista giapponese Yohji Yamamoto.
IL FAR WEST DELLA GRANDE TERRE
L’immensa laguna non è l’unica attrazione. A Grande Terre, selvaggio Far West, tra colline e praterie di niaouli, pianta da cui si ricava un olio balsamico, vivono come cowboy i broussard,
nipoti dei primi coloni: cappelli Stetson in testa e stivali alla John
Wayne, si dividono tra la cura delle mandrie di bestiame e i rodei a cui
partecipano numerose donne con la camicia a scacchi. Come Cindy
Baronnet, ex miss Nuova Caledonia, che nella Ferme Nemeara, ranch
costruito nel 1885 dai forzati, organizza escursioni a cavallo. Si
monta in sella, si avanza nella giungla popolata di cervi, con pranzo
finale attorno al rudimentale forno kanak, seduti su pouf di paglia e
foglie di palma, sotto l’immenso banyan tree assaggiando il bougna,
il piatto tradizionale, uno stufato di carne o pesce, tuberi marinati
con latte di cocco, cotto per ore sulle pietre ardenti. Un menu
apprezzato dallo staff dell’edizione australiana di Masterchef, che ha organizzato qui una puntata.
NUOVA CALEDONIA, TRA CANYON E TESORI SOTTOMARINI
Batte a oriente di Grande Terre il cuore kanak, oltre l’ardita strada Rnp2
che scende, fra palme del viaggiatore, flamboyant e felci giganti, fra i
villaggi e i picchi carsici che ricordano Moorea, fino a Poindimié. Il profilo stravagante della Poule Pondeuse, una grande roccia a forma di chioccia (da qui il nome), appare all’improvviso lungo la strada per Henghiène, tra sfilate di macadamia, manghi e papaye. La Baie des Tortues, dove depongono le uova le tartarughe, con la possente scogliera della Roche Percée e il Bonhomme, alto monolito scolpito dalle onde, è un angolo di natura selvaggia. Lungo iI reef attorno a Poindimié, negli spot come Tibarama, Val d’Isère, Monte Cristo, l’Arche, seguendo i sub dell’Aqualagoon,
il centro d’immersioni, si scende lungo pareti ripide, tra archi e
canyon tappezzati da splendide gorgonie variopinte, per incontri
ravvicinati con cavallucci marini pigmeo, pesci ago fantasma, mante,
squali grigi e martello.
Sono nel Grand Sud, a un paio d’ore d’auto da Nouméa, i paesaggi più grandiosi e spettacolari. Con veicoli 4×4 si raggiungono le cascate della Madeleine, il lago di Yaté, dove nelle notti di luna piena gli indigeni navigano in canoa nelle acque scure. Le rocce sembrano torri, templi, statue di divinità crudeli. I colori sono violenti, metallici come il fuoco da cui ebbero origine: il granata rivela il ferro, il giallo le vene sulfuree, il verde livido tradisce il nichel; le Roi Nick, come viene chiamato in questo Paese, uno dei cinque maggiori produttori mondiali, al centro di battaglie ecologiste.Tracce di piste portano verso miniere e villaggi, tra nuvole di terra che penetra dappertutto. Nella baia di Prony va in scena lo spettacolo delle megattere che ogni anno, tra luglio e settembre, vengono qui a riprodursi. La strada si insinua nel Parco della Rivière Bleue fra cascate, laghetti dalle rive di terra rossa e cespugli porpora della Captaincookia margaretae, che si arrampicano su esili steli fino a tre metri di altezza.
In mezzo al nulla, nella baia Port Boisé, ci si rifugia nel fascinoso Kanua Tera Ecolodge, con i bungalow in riva al mare ispirati a un villaggio tradizionale dove si pranza sotto il possente banyan tree, prima di concedersi una passeggiata nella Riserva naturale Cap N’Doa. E lasciarsi incantare dal suono degli uccelli. Come fanno, da secoli, i Kanak.
Sono nel Grand Sud, a un paio d’ore d’auto da Nouméa, i paesaggi più grandiosi e spettacolari. Con veicoli 4×4 si raggiungono le cascate della Madeleine, il lago di Yaté, dove nelle notti di luna piena gli indigeni navigano in canoa nelle acque scure. Le rocce sembrano torri, templi, statue di divinità crudeli. I colori sono violenti, metallici come il fuoco da cui ebbero origine: il granata rivela il ferro, il giallo le vene sulfuree, il verde livido tradisce il nichel; le Roi Nick, come viene chiamato in questo Paese, uno dei cinque maggiori produttori mondiali, al centro di battaglie ecologiste.Tracce di piste portano verso miniere e villaggi, tra nuvole di terra che penetra dappertutto. Nella baia di Prony va in scena lo spettacolo delle megattere che ogni anno, tra luglio e settembre, vengono qui a riprodursi. La strada si insinua nel Parco della Rivière Bleue fra cascate, laghetti dalle rive di terra rossa e cespugli porpora della Captaincookia margaretae, che si arrampicano su esili steli fino a tre metri di altezza.
In mezzo al nulla, nella baia Port Boisé, ci si rifugia nel fascinoso Kanua Tera Ecolodge, con i bungalow in riva al mare ispirati a un villaggio tradizionale dove si pranza sotto il possente banyan tree, prima di concedersi una passeggiata nella Riserva naturale Cap N’Doa. E lasciarsi incantare dal suono degli uccelli. Come fanno, da secoli, i Kanak.
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