Ryanair cancella il 37,5% dei voli
in Italia. I piloti: ora contratti locali
Annullamenti a quota 741, l’Enac convoca d’urgenza la società giovedì 21 settembre. I piloti dicono no al bonus di 12 mila euro e ora regole nazionali
Un
volo cancellato su quattro doveva partire da un aeroporto italiano. Un
collegamento annullato su sette era destinato a uno scalo del nostro
Paese. Dall’analisi delle liste, aggiornate più volte, di Ryanair con i
viaggi non più operativi nelle prossime sei settimane emerge come
l’Italia sia tra i più interessati. Dal 19 settembre al 28 ottobre
saranno 1.976 i voli cancellati dalla low cost: di questi 741 (37,5%)
coinvolgono il Belpaese, senza considerare le tratte nazionali. È anche
per questo che l’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) convoca
d’urgenza il vettore per domani.
Il fronte caldo
Ma
il vero fronte caldo, per l’azienda, è con i dipendenti. Che dicono no
all’aumento salariale temporaneo per far fronte all’emergenza della
«carenza di piloti». E chiedono di «convertire i contratti — di diritto
irlandese e svantaggiosi per noi — in italiani e spagnoli, francesi e
tedeschi. Basta farci stravolgere i turni nel cuore della notte, basta
missioni di salvataggio, basta tappare i buchi pagando di tasca nostra
telefonate e trasferte in taxi». Nelle basi più grandi di Ryanair in
Europa parte una prima reazione dei dipendenti. Con un documento che è
una bozza di richieste e un atto d’accusa. E che rischia di sfociare in
uno sciopero continentale. La compagnia cancella i voli ufficialmente
«per un’errata valutazione dei riposi che spettano a comandanti e primi
ufficiali». Parlano di una fuga dei colleghi «verso Norwegian,
easyJet, le mediorientali e le cinesi» e di una «campagna acquisti senza
precedenti degli istruttori».
Dall’Italia all’Europa
Così chi resta cerca di farsi sentire. Gli Employee representative committees
(Erc) italiani di Ryanair — gli enti di rappresentanza della categoria —
respingono gli incentivi di Dublino. E domandano un nuovo accordo di
assunzione, però locale, non più irlandese. Forti anche della sentenza del 14 settembre della Corte di giustizia Ue
che ha stabilito — in un caso che riguardava proprio Ryanair — che «una
compagnia non può imporre la legislazione del Paese in cui è registrato
ai suoi equipaggi basati in altri Stati membri dell’Unione». Il
personale italiano della low cost descrive questi giorni come «il
sintomo di un problema più grande» e invita gli altri piloti sparsi
nelle oltre 80 basi europee a fare lo stesso per arrivare a un documento
congiunto da presentare all’amministratore delegato Michael O’Leary. La
bozza in queste ore è in discussione un po’ ovunque, tanto che —
rivelano — «l’azienda sta cercando di capire anche chi ci sia dietro».
«Se non è un ammutinamento poco ci manca», sintetizza un comandante di
Ryanair. «Oggi è pieno di vettori che ci stanno cercando e a condizioni
più umane». La compagnia respinge queste accuse.
Le accuse al vertice
L’informativa
degli organi di rappresentanza prende di mira il vertice aziendale.
Accusato di aver puntato in modo ossessivo sulle tariffe più basse «non
curandosi degli aspetti critici dell’organizzazione». Quindi ecco le due
richieste. La prima: «L’impegno a presentare entro l’estate 2018 una
bozza di contratto italiano per piloti e assistenti di volo basati in
Italia». La seconda: «L’impegno a fornire un’ulteriore bozza con un
piano di investimenti sul personale e sull’infrastruttura», introducendo
«incentivi». A proposito dei bonus nel memo del 18 settembre dal capo
delle operazioni di Ryanair Michael Hickey offre 12 mila euro per i
comandanti, 6 mila per i primi ufficiali, oltre agli aumenti sulla
diaria e sui pernottamenti fuori sede. «Sono cifre lorde — chiarisce un
comandante — e per avere diritto bisogna essere dipendenti del vettore
al 31 ottobre 2018, aver volato per almeno dieci giorni tra quelli di
riposo e cinque nel periodo di congedo annuale. In pratica è un invito a
non mettersi in malattia per i soldi».
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